Il pesce d’acqua dolce è stato sicuramente uno dei principali alimenti delle popolazioni che abitarono, in epoca preistorica, sulle palafitte adiacenti i laghi e i canali. E si sa che i Romani, molto più tardi, ne furono accaniti estimatori: per molto tempo, infatti, coltivarono l’abitudine di procurarsene, per le tavole patrizie, richiedendoli a fornitori delle zone dei laghi laziali e dell’Europa nord-orientale.
Come il pesce di mare, il pesce d’acqua dolce ha il suo valido potere benefico; infatti contiene una sorta di acidi grassi, detti scientificamente “Omega 3” (le trote di lago ne contengono 1,6 g per etto, come l’aringa, e più del merluzzo o del pesce spada, che ne contengono 0,3 e 0,2 g), che hanno il potere di:
– ridurre il tasso di trigliceridi del sangue
– abbassare la pressione arteriosa
– ridurre l’aggregazione piastrinica del sangue.
La dose ottimale è di 30 g giornalieri di pesce ad alto contenuto di Omega 3. In questa percentuale, anche il pesce d’acqua dolce, dunque, può esplicare azione benefica contro l’accumulo di grassi nel sangue, contro la formazione di trombi e contro l’infarto. Unica difficoltà che il commerciante e il fruitore incontrano nel commercio e nell’acquisto del pesce d’acqua dolce è l’eccessiva fragilità delle sue carni e la sua rapida deperibilità: il pesce d’acqua dolce, infatti, va cucinato e mangiato subito appena pescato e, in alcuni casi, ne è assai difficoltoso il trasporto.
Ma vediamo quali sono i principali pesci d’acqua dolce che è facile reperire in Italia:
Agone: varietà di alosa presente in alcuni laghi del nord Italia.
Alborella: piccolo pesce dalla forma affusolata, argenteo e ricoperto di scaglie leggere. Si deve distinguere l’alborella di fiume, decisamente migliore, dall’alborella di stagno, che conserva talora nelle sue carni un sentore di fango.
Anguilla: nasce nel mar dei Sargassi da cui, allo stato larvale, risale le correnti dei fiumi e raggiunge gli estuari europei, dove diviene adulta.
Barbo: caratteristico per i quattro barbigli che gli pendono dalla mascella, ha carni buone, anche se non eccellenti. Se adulto, va cucinato lesso o in umido; se piccolo, si può grigliare o friggere.
Bondella: pesce simile al lavarello, presente nel lago di Como. Ha carni bianche, delicate e fragili, che i buongustai apprezzano particolarmente nel risotto al gusto di noci.
Bottatrice: pesce dal corpo affusolato, viscido e brunastro, che può raggiungere la lunghezza di un metro. La sua carne, priva di spine, ma piuttosto grassa, può essere cucinata sia bollita, che arrosto, se intera. Affettata, può fornire medaglioni da cuocere al burro o in umido. Ma la parte della bottatrice che più fa gola ai buongustai è il fegato: ottimo per terrine o per farne cotolette.
Carpa: pesce d’acqua dolce, allevato negli stagni, dal corpo tozzo e scuro, ricoperto da robuste scaglie, dal ventre giallastro e dalla bocca sdentata, munita esternamente da quattro barbigli. All’acquisto la carpa va squamata immediatamente e, prima di cucinarla, va tenuta in acqua e aceto per eliminare il gusto persistente di fango.
Cavedano: pesce molto diffuso, dal ventre argentato e schiena bruna-verdastra. Ha testa voluminosa e carni molli e spinose.
Coregone bianco: lungo circa 50 cm, ha carni delicate e bianche e poche spine. Lavarello (o coregone): pesce d’acqua dolce, appartenente alla stessa famiglia delle trote, comune nel lago di Como e in alcuni laghi laziali. Lungo circa 50 cm, ha carni rosate, tenere e delicate.
Luccio: grosso pesce d’acqua dolce dal muso a spatola, testa allungata e mascelle robuste. Voracissimo, è molto apprezzato per le sue carni, bianche e saporite. Tra le varietà, sono da preferire i lucci di fiume a quelli di stagno; da scartare, degli uni e degli altri, le uova, perché tossiche.
Pesce persico: pesce d’acqua dolce, che vive prevalentemente nelle acque piuttosto ferme. Grande dai 25 ai 35 cm, è ricoperto da scaglie assai tenaci, che debbono essere tolte immediatamente dopo la cattura (più tardi sarebbe impossibile), può essere fritto, se piccolo; stufato, al burro o farcito, se più grande.
Salmerino: grosso pesce, simile al salmone, che vive (sempre più raro) nei laghi alpini. Ha grande bocca e testa tozza, dorso scuro, picchiettato di chiaro, e ventre arancione. Le sue carni si prestano a tutte le preparazioni valide per il salmone e la trota salmonata.
Temolo: pesce d’acqua dolce, simile alla trota, tranne che per la presenza d’una pinna dorsale e per le dimensioni inferiori della bocca. Ha carni gustose, da cucinare come la trota.
Tinca: vive prevalentemente in acque stagnanti. Ha corpo tozzo di media grandezza (15-30 cm), ricoperto di piccole squame e di muco. Le sue carni possono avere leggero sentore di fango; per questo è buona abitudine marinarla in acqua e aceto, prima di cucinarla.
Trota: pesce d’acqua dolce, diffuso e apprezzato per le sue carni sode e saporite. Oggetto, al giorno d’oggi, di un importante allevamento, ha carni più o meno colorate, a seconda del tipo di alimentazione cui è sottoposta. Si distinguono trote “di fiume”, più saporite, e trote “di lago”. Ma esistono anche trote “salmonate”, alimentate con crostacei, trote “arcobaleno”, trote “marmorate” e perfino trote “di mare”, che dai fiumi giungono talora lungo le coste.